I Pilastri della Terra

04.08.2015 12:17

In questi giorni non riesco a concludere niente, nemmeno i post che ho già organizzato in testa, non riesco a scrivere ma neanche ad andare avanti con costanza nella lettura di un libro per più di due capitoli.
Quindi perdonatemi se la conclusione (e magari anche tutto il resto) di questo post non starà(nno) molto in piedi, ci sto provando…

Il libro di cui voglio parlare è “I pilastri della terra”, ovvero il mio primo Ken Follett.

Oltre alla mia inconclusione cronica, ciò che mi ha reso complicato scrivere questo brano è stata la struttura stessa del romanzo. Per intenderci, la storia è una ma i punti di vista da cui è narrata sono molteplici. Come già mi era successo quasi un anno fa coi Buddenbrook mi ritrovo ad iniziare questa recensione decine di volte senza mai essere soddisfatta, perchè, con libri come questo, nel tentare di descriverli ci si ritrova a dire un po’ di tutto e un po’ di niente e rileggendo ci si rende conto che quelle appena scritte sono parole vuote.
La soluzione che propongo è quella di parlare di solo uno dei tanti aspetti dell’opera e lasciare ai futuri lettori il compito di scoprire il resto. Parlerò di ciò che mi ha colpita di più, perchè mi ha fatta riflettere, e voglio condividere i miei pensieri.

Fin dall’inizio l’autore istilla nella mente del lettore un dubbio, che la ragione è prontissima a negare, ma che con lo svolgersi della vicenda si fa sempre più insistente. Il libro si apre infatti con un impiccagione pubblica ed una donna, la quale porta in grembo il figlio di colui che sta per essere giustiziato, maledice i tre che hanno testimoniato per l’accusa e poi scompare. I presenti sono molto scossi dall’accaduto ma il lettore sorride della superstizione medievale, almeno fino a quando il romanzo non lo smentisce.

Nonostante ci metta un migliaio di pagine la maledizione si avvera. Ma non è questo che rende lodevole la capacità di Ken Follett.
Perchè in fondo potrebbe essere solo una coincidenza.
Ma l’autore è stato molto bravo, non si è limitato a far dubitare della casualità degli eventi ma è anche riuscit a rendere le superstizioni pagane più realistiche delle corrispetive superstizioni religiose.

Tutti sanno che non è stato il diavolo ad incendiare la cattedrale, tutti sanno che non è grazie alla provvidenza divina se Philip è diventato priore, viceversa resta il dubbio riguardo alle maledizioni di quella che tutti additano come strega e allo strano caso per cui i giochi popolari anch’essi legati strettamente alle superstizioni precristiane non vengono mai smentiti dal dipanarsi degli eventi.

Quello che voglio dire è che nonostante si sia portati a ragionare lucidamente, senza essere superstiziosi o creduloni, si casca della trappola dell’autore completamente e ci si ritrova a ridere dei religiosi e della loro fede in qualcosa che chiaramente non è “divino” come credono, se non a biasimarli per la loro consapevolezza dei sotterfugi che vengono scambiati per opere di Dio, mentre non si riesce a negare che le coincidenze sarebbero un po’ troppe per quanto riguarda la veridicità delle credenze popolari…

E quindi concludo chiarendo che il mio primo incontro con Ken Follett è stato assolutamente positivo, e mi auguro che altri suoi romanzi, che prima o poi leggerò, riusciranno a coinvolgermi allo stesso modo!

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