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23.03.2015 15:52

Las calles de Buenos Aires
ya son mi entraña.
No las ávidas calles,
incómodas de turba y de ajetreo,
sino las calles desganadas del barrio,
casi invisibles de habituales,
enternecidas de penumbra y de ocaso
y aquellas más afuera
ajenas de árboles piadosos
donde austeras casitas apenas se aventuran,
abrumadas por inmortales distancias,
a perderse en la honda visión
de cielo y de llanura.
Son para el solitario una promesa
porque millares de almas singulares las pueblan,
únicas ante Dios y en el tiempo
y sin duda preciosas.
Hacia el Oeste, el Norte y el Sur
se han desplegado–y son también la patria–las calles:
ojalá en versos que trazo
estén esas banderas.

 

My soul is in the streets
of Buenos Aires.
Not the greedy streets
jostling with crowds and traffic,
but the neighborhood streets where nothing is happening,
almost invisible by force of habit,
rendered eternal in the dim light of sunset,
and the ones even farther out,
empty of comforting trees,
where austere little houses scarcely venture,
overwhelmed by deathless distances,
losing themselves in the deep expanse
of sky and plains.
For the solitary one they are a promise
because thousands of singular souls inhabit them,
unique before God and in time
and no doubt precious.
To the West, the North, and the South
unfold the streets–and they too are my country;
within these lines I trace
may their flags fly.

 

Questa poesia l’ho letta una sera, a casa di amici, mentre gli altri parlavano ho letto queste parole stupende che mi hanno accompagnata fino a casa e hanno vegliato il mio sonno. Non ho più trovato quella traduzione, e allora non posso fare altro che condividere qui la stessa poesia, ma in lingua originale, perchè possiate anche voi trovare la traduzione che vi pare più fedele…

15.03.2015 11:27

Non voglio parlare di Ariel e del film Disney, bensì della protagonista della tragica fiaba di Andersen, della sua forza e delle sue debolezze…

Quando ho letto la storia sono subito rimasta colpita dalla curiosità ed istintiva simpatia che prova la più giovane tra le figlie del Re del Mare per il mondo fuori dall’acqua, ma poi mi sono detta che di certo quando si ha il divieto di visitare un luogo è normale esserne attratti, ma lei desidera la superficie instancabilmente, con una tenacia che le sue sorelle non si possono neanche sognare.

Leggendo questa fiaba, assieme a molte altre dello stesso autore, ho capito che i personaggi le cui storie non prevedono un lietofine hanno qualcosa che gli altri non potranno mai capire… Credo che si chiami resilienza.

Avrei anche potutto parlare del Tenace Soldatino di Stagno, ma della sua storia la DIsney non ha prodotto una versione in technicolor con un lietofine assurdamente felice che ha tradito il significato maliconicamente profondo che il geniale scrittore danese aveva ideato. E’ come se dal libro al cartone si passasse dalla ricerca di un’unione tra due anime che dia la vita eterna a una banale storia d’amore per un principe carino.

Per citare proprio un film Disney uscito nei cinema in questi giorni, la Sirenetta è pregna di “gentilezza e coraggio” in ogni singola fibra del suo corpo.
Un coraggio più grande di quello di Cenerentola, a parer mio, perchè mentre la ragazza con la scarpetta di cristallo non ha niente da perdere e tutto da guadagnare, la sirena passa dall’essere la principessa con la più bella voce dei mari a una semplice bella e muta serva del principe.

E forse la sirena ha anche più gentilezza, perchè sebbene Cenerentola sia così generosa da perdonare la matrigna e le sorellastre dopo tutto quello che le hanno fatto comunque non sarebbe disposta a cedere il suo principe, invece ho letto la storia di un sacrificio silenzioso, ho letto di dedizione e ho visto un amore gentile che non voleva altro che la felicità dell’amato.

Quando, leggendo, le parole scorrevano sotto i miei occhi vedevo la sirena dal destino infelice bagnare i piedi nell’oceano per alleviare il dolore e salutare la famiglia, il padre, la nonna e le sorelle, con gli occhi perchè con la voce, ormai, non poteva farlo più, ho deciso che la Sirenetta sarebbe restata come modello indelebile nella mia mente, perchè ha avuto il coraggio di perdere tutto e, forse, per pochi giorni ha vissuto veramente, mentre io non riesco nemmeno a buttarmi per le piccole cose, e vorrei davvero tanto saperlo fare.

Senza rancori verso la Disney che continuerò ad amare incondizionatamente, ma saranno la Sirenetta e il Soldatino di Andersen ad insegnarmi ad amare così intensamente.

07.03.2015 16:09

E' da questa estate che cerco di fare un articolo sui Buddenbrook, di solito mi viene davvero facile scrivere ma in questo caso non riesco mai a decidere da dove partire e non vedo come potrei finire... Quindi vi chiedo di perdonarmi se sembrerà un testo senza nè capo nè coda, ma forse è troppo per me.

Ci proverò comunque, perchè i Buddenbrook mi sono diventati cari e ho letto la loro storia in brevissimo tempo, sono come degli antenati di carta per me... Ma cercherò di essere più precisa.

E' iniziato tutto per il profumo...
Questo libro antico, un'edizione improbabilmente vecchia che non ha le pagine gialle ma già marroni, si trovava in uno degli scaffali della sala, l'ho preso per decidere se leggerlo o meno e, non appena l'ho aperto, un odore dolcissimo che ricorda i biscotti alla vaniglia è stato sprigionato tutto intorno.
Non l'ho più lasciato, quel libro.

Da un riassunto della trama non sembrerebbe niente di speciale: la storia di una famiglia per quattro generazioni, aperta con la tenerissima immagine della nascita della figlia con il padre che, commosso, annota l'evento sul grande Libro di Famiglia, e conclusa, molte pagine dopo, con una madre che ha troppe lapidi su cui piangere per restare in quel luogo....  Niente di nuovo: anche Lucrezio nel De Rerum Natura iniziò con immagini luminose e terminò con la peste di Atene..

Ma c'è qualcosa fra questo inizio e questo finale, anzi ci sono molte cose, che hanno reso I Buddenbrook un libro indimenticabile, per me.
I leitmotiv per esempio (anche se ho scoperto solo dopo che questo è il loro nome). Credo che Thomas Mann abbia avuto l'incommessurabile capacità di intrecciare questa figura tipicamente musicale nel romanzo, rendendolo speciale. Il leitmotiv è il motivo ricorrente, viene usato anche nel cinema quando uno stesso tema introduce un personaggio in ogni occasione (il più celebre probabilmente è quello de Lo Squalo).
E nei Buddenbrook ogni personaggio ha un suo leitmotiv, qualche volta più marcato ed evidente, in altri casi più leggero e sfumato, quasi solo un accenno.
Poi lo scavo psicologico dei personaggi... per lunghi momenti ho pensato di conoscerli veramente, ogni tratto del loro carattere è così chiaro nella mia mente, non che ci siano lunghe descrizioni, ma gli episodi narrati sono perfetti per capire le persone che li vivono.

Ma forse è l'ultimo dei Buddenbrook quello che ho amato di più, nonostante il sottotitolo mi urlasse minaccioso dalla copertina "DECADENZA di una famiglia", nonostante vedessi che le pagine prima della fine erano troppo poche, nonostante tutto mi sono innamorata di quel musicista troppo romantico nato in un tempo troppo crudele...
E poche parole si sono incise nel mio cuore prima che si spezzasse, pronunciate dal maestro di musica alla madre di Hanno Buddenbrook ancora bambino:
Qualche volta lo guardo negli occhi... e vi leggo tante cose, ma egli tiene le labbra chiuse. Un giorno nella vita, che forse gli farà tenere le labbra sempre più strette, dovrà pur avere la possibilità di esprimersi."
E lo farà suonando...
MI sembra di aversi visti, quegli occhi... e come vorrei averlo fatto.

28.02.2015 14:03

Tu, ombra e grazia, muovi correnti
in me, irreversibili per luna;
ma gli occhi narcolettici che intento
a notte spio, non hanno sguardo: o una
indifferenza che mi castra e ingabbia.
Trattengo il fiato, insonne: la mia sorte
ha i segni d’un pomeriggio di sabbia
“scolpito e immobile come la morte”,
e mi auguro un oblio così profondo
da farsi mutamento: vieni, aurora,
incendia la casa del sonno, inonda
di luce l’ombra che bisbiglia ancora:
Un’altra vita occorrerà che passi
per rivelarti lei, lei ombra e grazia.

22.02.2015 15:26

Questa volta non posso scegliere un solo personaggio, La casa del sonno di J. Coe non è un libro dalla trama lineare, anzi oserei dire che ha un entrelacement da far invidia al caro Ariosto, così, dei tanti personaggi dipinti con precisione e profondità inimmaginabili in così poche pagine ne ho scelti tre, i tre personaggi per i quali ho sofferto e sperato nella lettura del libro.

Per prima viene Sarah, la protagonista. Lei che mi pareva essere così insignificante e invece ha cambiato le vite di troppe persone. E' narcolettica, i suoi sogni si fondono con la realtà con esiti catastrofici. Quello che mi ha convinta a farla "diventare" un personaggio del mese è stato il suo approccio con i libri... mi ha stupita il modo in cui i libri fossero parte integrante della sua vita sociale, in particolar modo dei suoi amori.

E' La casa del sonno il libro che collega un po' tutti in questa storia, un libro qualsiasi sullo scaffale del bar universitario, il Café Valladon.

Robert, uomo malinconicamente stupendo, lui che lascia tra le pagine del libro la poesia con cui è riuscito a sintetizzare tutto il suo amore. Per Sarah.

Credo di capire bene Robert, che sa di essere disposto a qualsiasi cosa per la donna che ama... ed effettivamente per lei cambia fino in fondo, ma alla fine riesce solo a guardarla e a starle vicino, senza mai cercare di conquistarla veramente, sì, lo capisco.

Forse, delle tante vite intrecciate che Jonathan Coe narra in questo libro passando da un capitolo all'altro sfumando come in sogno, la vicenda di Robert è stata quella che mi ha coinvolta fino in fondo, non solo perchè è una storia d'amore ma perchè è sincera, passionale, struggente, come se l'autore l'avesse sentita sua in ogni parte, come se Coe avesse messo lì dentro tutte le sue storie comprimendole in un sentimento unico, completo e vitale... dandogli dolori ma, soprattutto e necessariamente, qualcosa di simile a un lietofine.

Resta Terry di cui parlare. Un specie di protagonista alternativo, perchè alla fine i suoi capitoli hanno un'atmosfera un po' diversa, e poi perchè anche lui ha dei disturbi del sonno niente male...
Ho deciso di parlare anche di lui in questo pezzo perchè ha detto qualcosa di stupefacente sui sogni, e lui di sogni è davvero un esperto, ha passato la prima parte della sua vita cercando di dormire il più possibile, perchè solo nei sogni era veramente felice, ma non riusciva mai a ricordare quei sogni per portare un po' della loro perfezione nella vita reale. Così dormiva, dormiva e dormiva inseguendo quella vita perfetta che riusciva solo a sfiorare.
Poi questa fase è finita, un capovolgimento radicale, Terry ha iniziato a non dormire mai. Quello che prima gli davano i sogni ora lo trovava nei film. Intere nottate, ma anche mattine e pomeriggi, passati davanti a una televisione film su film, alla ricerca del loro significato nascosto.

E alla fine un paragone che non dimenticherò facilmente: i sogni sono come i film e i film come i sogni. Ci sono i film horror ovvero gli incubi, i sogni e i film erotici... Ma la cosa che più attrae Terry (e ora anche me) sono i sogni che non si riescono a ricordare, l'equivalente dei film perduti dei quali si ha solo un ricordo vago e nessuna certezza. Quei sogni che per ricordarli daresti tutto l'oro del mondo, quei film che per ritrovarli daresti tutta una vita di ricerche...

 

17.02.2015 14:51

Ivanhoe è qualcosa che mi mancava.
C’è un re e c’è un principe ursupatore (che ho immaginato tutto il tempo come un leone spelacchiato, GRAZIE DISNEY, GRAZIE DAVVERO!) ci sono dei cavalieri erranti, due donne bellissime, un ebreo, dei fuorilegge che sembrano avere una morale migliore di quella di tutti gli “eccellenti” nobili e cortigiani messi assieme, un porcaro e un giullare, qualche sassone borbottante (uno resuscita).
Il tutto nel meraviglioso panorama dell’Inghilterra ai tempi della prima crociata.

Non male… ma cosa l’ha reso così speciale? Perchè io durante la lettura ero emozionata, davvero coinvolta, ricordo ogni dettaglio come se la storia si fosse svolta davanti ai miei occhi pochi minuti fa!
Eppure non riesco a capire cosa lo imprima così marcatamente nella mia mente e nel mio cuore.

Forse è la descrizione dei personaggi, che riesce a essere dettagliata senza essere noiosa perchè viene esposta gradualmente, senza mai bloccare la storia.
Forse è la continua adrenalina tra lizze e complotti.
Oppure la voglia di sapere come andranno a finire le storie d’amore, perchè com’è andata con l’Inghilterra alla fine me lo dice già la storia…

Non so quale sia la verità, ma so che ogni cosa di questo libro mi è piaciuta.
Quando alla sera chiudevo il libro dopo aver letto un paio di capitoli, sospiravo, come se fossi stata piena di qualcosa che fino a quel momento mi era mancato e per cui avessi trattenuto il respiro.

Quando Robin Hood e i suoi compagni combattevano ho avuto anche io voglia di correre là dentro a scagliare frecce, e quando il castello si è incendiato mi pareva che il calore delle fiamme mi bruciasse le guance e gli occhi.

So che lo rileggerò tra pochi anni perchè mi è mancato tutta la vita e non voglio che mi manchi più.

Quindi Ivanhoe di Walter Scott è il libro del mese perchè col suo realismo, a tratti un po’ irreale, è riuscito a coinvolgermi nella storia inglese del XII e dell’XIII secolo come nessuno prima, e mi ha tenuta sulle spine per il destino di una giovane ebrea tormentata da un’intera precettoria di Templari (che di solito nei racconti mi disturbano, ma qua no perchè non c’è niente che non sia al suo posto) quanto per il riscatto del giovane Ivanhoe presso suo padre e per il ritorno di Riccardo Cuor di Leone al trono.

12.02.2015 17:11

Settimana scorsa sono diventata maggiorenne.

Non so se ci siano stati grandi cambiamenti dentro di me, ma so che sto crescendo.
E in questa fase della mia vita, come del resto in ogni altra, i libri mi hanno accompagnata.

Pochi giorni dopo il mio compleanno, giusto il tempo di realizzare, i miei genitori mi hanno regalato due librerie, per sistemarle abbiamo dovuto sconvolgere tutta camera mia.

E poi, anche se all’inizio mi è sembrato qualcosa di ingiusto e brutale perchè a me certe cose piace che restino così come sono, cristallizzate per sempre nel tempo, poi ci ho riflettuto, e ho capito che così come la mia vita inizia ad ordinarsi ed avere un senso, non più solo trip mentali e fantasie, anche i miei libri non possono più stare in mucchi vaganti sparsi un po’ ovunque io passi, o dove ritenga essere mio territorio.

Certo, camera mia e nello specifico i miei libri non saranno mai ordinati davvero, e io non sarò mai precisa, anche sforzandomi, fino in fondo. Perchè così è nella mia natura.
E niente meglio dei libri avrebbe potuto farmi da specchio, mostrandomi qualcosa di me, forse l’unica cosa, che non avrei colto totalmente nemmeno leggendoli.

E, ancora una volta, ringrazio i libri per tutto quanto. Perchè senza non vivrei un altro anno. Perchè ne ho bisogno, sia per le loro parole e storie, sia per il loro farmi da specchio stando là, fermi sullo scaffale.

Io crescerò ancora, non vedo l’ora di vedervi crescere con me.

30.01.2015 15:27

Mi piace pensare che ogni libro meriti e necessiti di un segnalibro su misura.
I segnalibri non devono essere esagerati o fonte di distrazione, ma qualcosa di discreto e particolare e, possibilmente, legato in qualche modo al libro.
Il richiamo non deve essere totale, anzi, è ancor più bello quando è solo un piccolo, minuscolo filo conduttore a segnare il parallelismo tra l'oggetto e la storia.
Non è un semplice gioco di abbinamenti e neppure una strana alchimia: è solo una questione di sensazioni e di ricordi.

Nel loro silezio di oggetti infatti i libri ci parlano, l'esempio più lampante forse è On the Road di Kerouac. Non me la sentivo di usare un vero segnalibro, pensavo che Dean e Sal si sarebbero offesi di questo trattamento da "signori per bene", allora ho usato biglietti del treno o del bus come per fondere i miei viaggi con il loro...
Ma non è il solo esempio, ce ne sono mille altri, come  la mia compagna di classe che, leggendo il Grande Gatsby, ha avuto il gran gusto di scegliere una banconota da 20 dollari per non perdere il segno (entrando così pienamente nello spirito della narrazione), o altrimenti come l'idea che ho avuto quest'estate, immedesimandomi con Oblomov, di non usare affatto un segnalibro poichè nemmeno il protagonista avrebbe avuto lo slancio per sceglierne uno!
Potri continuare per giorni ad elencare i biglietti teatrali che tengo fra le pagine di Shakespeare, il foglio con una frase profonda o senza senso (a seconda dei punti di vista) che perennemente lascio trra un brano e l'altro degli Esercizi di Stile di Queneau, o, ancora, la foto in bianco e nero di un gabbiano che ho usato quando leggevo Moby Dick per essere trasportata in volo fino al Pequod e vedere dall'alto come sulle ali del gabbiano la storia di Ismaele, Achab e della Balena Bianca.
Potrei appunto continuare per giorni, ma mi devo fermare e mi alletta il pensiero di concludere con un desiderio, un po' di speranza:
l'attesa di quel libro la cui trama possa essere intervallata, tra una lettura e l'altra, da una mia foto. Poichè i ricordi sono il segnalibro perfetto, che dona un sentore personale alla narrazione, pur non facendone parte.

E io attendo questa storia con impazienza. Per farla mia.

25.01.2015 16:35

Da anni predico l’inimitabile magia dei libri. Il loro rendere speciale un evento di per sè insignificante.
Di recente ho avuto una conferma a questa teoria un po’ naïf, è una bella storia e vorrei raccontarvela…

C’è una mia amica geniale e un po’ distratta con un gran gusto nella scelta delle lettutture alla quale un annetto fa ho imprestato un libro: La meccanica del cuore di Mathias Malzieu.
Io e lei ci vediamo raramente per tempi superiori ad un quarto d’ora ed in situazioni puramente casuali quindi per più di un anno non ho rivisto quel libro.
Un nostro comune amico che ora studia molto lontano, essendo anche lui molto distratto, è venuto a trovarmi con l’intento di fare da corriere tra noi due amiche portando da l’una all’altra il prezioso libro.
Purtroppo tra un gioco e l’altro e il fatto che non ci si vedeva davvero da tanto tempo ci siamo completamente dimenticati del libro che, pur essendo arrivato così vicino alla sua casa, è di nuovo andato lontano.

Una volta resami conto dell’accaduto ho contattato subito il mio amico chiedendogli in quale regione italiana ormai si trovasse il mio libro!
Lo aveva lasciato “a casa”, qui vicino ma non troppo.
Gli ho detto di leggerlo prima di restituirmelo, qualche giorno in più o in meno non è importante se si tratta di una questione di mesi.
Lui mi ha chiesto una “recensione” personale di questo libricino e le poche frasi entusiastiche che ho pronunciato l’hanno convinto a consigliare il libro a sua madre.

Circa un mese dopo questi fatti mi trovavo a casa della mia amica distratta e geniale, quella da cui tutto è iniziato, e mentre eravamo tutte impegnate nell’organizzazione della festa che si sarebbe tenuta da lì ad un’ora ecco che arriva una telefonata del nostro amico lontano. Mi dice che sua madre ha letto il libro e vorrebbe restituirmelo.
Ed è così che il libro è tornato tra le mie mani. Senza che vedessi la donna che ha preso in mano la situazione e me lo ha riportato.

Ma c’è una traccia, un dettaglio colorato, che ha portato la magia in questa storia: un semplice biglietto rosso su cui la madre del mio amico ha scritto poche parole di ringraziamento, per dirmi che grazie a questa serie di distrazioni ha potuto leggere un libro che spontaneamente non avrebbe acquistato e che invece l’ha commossa come non le accadeva dai tempi del Piccolo Principe.

Questo biglietto mi ha fatto capire quanto sia importante imprestare i libri. Anche se c’è il rischio che non tornino indietro o che lo facciano dopo un sacco di tempo ed in modo inaspettato com’è successo questa volta. E’ importante imprestare i libri, anche se non si hanno garanzie, perchè questi viaggi danno vita nuova al volume e ogni volta che un libro tornerà a casa avrà una nuova storia pronta per noi.

FINE

Ok non è vero, c’è un epilogo. In effetti non è la prima volta che racconto questa storia… Il giorno dopo aver ricevuto il biglietto sono arrivata in classe ed ho raccontato tutto al mio migliore amico. Lui sentita questa storia ha detto “allora non posso non leggerlo”. Io credo sinceramente in quello che ho scritto poche righe sopra e ventiquattr’ore dopo La meccanica del cuore si trovava tra le sue mani.
Nonostante non sia un lettore particolarmente accanito in una sola notte, preso dalla storia come poche volte prima d’allora, ha finito tutta la storia stupenda e delicata racchiusa in quelle pagine.

Quando il libro è tornato un’ultima volta tra le mie mani, questa storia magica è finita.

Grazie Lisa, grazie Marco, grazie Teresa(la mamma di Marco), e grazie Lorenzo. E’ stata una storia bellissima.

 

17.01.2015 21:05

Ci può essere un investigatore così stravagante e spregiudicato, così illogico e irriverente… così olistico?
C’è ed è lui: Dirk Gently, il corrispettivo investigativo e fantascientifico dei bohémien francesi. Solo… più inglese!

C’è qualcosa che lo rende speciale rispetto a noi altri, non solo quel suo abbigliarsi in modo improbabile come se fosse certo di poterselo permettere (lo è), ma piuttosto il suo vagare, il credere che le cose si risolveranno, una fiducia incrollabile nella buona sorte, che pure sembra essergli tanto avversa e pronta a giocare con lui.
Anche solo il suo disprezzo per il senso dell’orientamento lo fa diverso tra i tanti! Dirk Gently sale in macchina e poi segue chiunque sembri conoscere con certezza la strada che sta seguendo.
Incredibile a dirsi ma anche se raramente raggiunge il luogo a cui voleva arrivare quasi sempre arriva dove doveva essere!

Quando c’è Dirk nei libri non so mai se sto leggendo di uno strano Dottore rigenerato e completamente pazzo e Neil Gaiman ha messo del suo nelle opere di Douglas, oppure se Sherlock Holmes è venuto nel nostro secolo e ha deciso di abbandonare il suo metodo rigoroso e folle per uno ancora più folle ma molto più insensato.

Perchè l'olismo è questo: pensare che tutto sia collegato a tutto il resto.

Nello specifico: se si compra un frigo nuovo e lo si addebita come spesa aggiuntiva nella propria indagine… non si sa mai, la ricerca del frigorifero potrebbe portare inaspettate notizie sull’omicidio.

Ecco, Dirk vive in modo completamente pazzo e io vorrei che tutti fossero un po’ più come lui, perchè il mondo sicuramente sarebbe meno triste e più interessante…Anche se probabilmente tutti si perderebbero una volta saliti al volante!

 

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